Google+ CEREBRO Lo Stanzone Rotondo: GHOSTBUSTERS SAGA Part 1: I VIDEOGAMES

martedì 16 settembre 2014

GHOSTBUSTERS SAGA Part 1: I VIDEOGAMES

Un saluto a tutti ed eccoci alla prima puntata di questa “serie” dedicata a Ghostbusters, cult movie che festeggia proprio quest'anno il suo trentesimo anniversario, ma allo stesso tempo piange la scomparsa del grande Harold Ramis (Egon, per chi non lo sapesse), sceneggiatore e creatore, insieme a Dan Aykroyd, proprio della suddetta pellicola e del suo seguito.
Avremo comunque occasione di discutere delle pellicole prossimamente, quindi bando alle ciance e partiamo subito con questa carrellata dei videogames che, nel corso degli anni, sono stati “ispirati” dal franchise Ghostbusters.




Partiamo subito dicendo che c'è poco da stare allegri, visto che il franchise dei Ghostbusters è certamente uno di quelli che è stato maggiormente martoriato da titoli orrendi e dalla “Sindrome del Tie-in”; quella sindrome (esplosa a cavallo degli anni 80 e 90) per cui qualunque Proprietà Intellettuale riguardante il cinema veniva massacrata e produceva titoli pessimi. Da una parte avevamo tutti quei Tie-in che avevano la pretesa di riproporre le scene madri del film, con il risultato di sembrarne solo una grottesca parodia, tra gameplay assurdi e controlli da psicopatici gravi; dall'altra quelli che del film se ne strabattevano l'ocarina, accontentandosi di schiaffare il titolo o la locandina in copertina e tanti saluti. Quelli erano i Tie-in pezzenti, quelli dove veniva, di sana pianta, stravolto tutto: protagonisti, ambientazione, trama e chi più ne ha più ne metta.
Ma ora partiamo...Let's go!

 
1984 GHOSTBUSTERS



A onor del vero si parte molto bene, con questo titolo dedicato alla prima pellicola e sviluppato da Activision per un fracco e mezzo di Home Computer e console (C64, Sega Master System,Spectrum,MSX, Atari 800, ecc): oltre a una perfetta attinenza con il film, il gioco poteva vantare un gameplay di una profondità davvero incredibile per l'epoca, mescolando sapientemente fasi action, fasi di guida e fasi strategiche, con tanto di possibilità di sviluppare il proprio equipaggiamento e acquistare gadgets e upgrade. Se teniamo presente che in questo gioco ci veniva consentito di acchiappare i fantasmi come accadeva nel film (si, ok, la trappola era grande come un sarcofago per Faraoni obesi, ma ci può stare): teniamolo a mente perché questa è una feature che ci saremo poi scordati di rivedere per i successivi VENTISETTE anni!
Nonostante tutto anche questo gioco ha le sue pecche e le sue parti pezzenti, quelle gratuite, senza motivo, quelle che sembravano fatte apposta per farti uscire di testa. Nello specifico le cose che all'epoca mi facevano incavolare come un mulo carico che arranca in salita erano due:
1-La macchina: non raccontiamocela, se volevamo cercare di finire il gioco non potevamo comprare la “Ecto1” , e quindi il gioco ci torturava facendoci scegliere tra un'abominevole autoparco che andava dal maggiolone giallo ad un aborto violaceo
2-La volta che decidevi di farti un regalo e prendevi la “Ecto1” ti giravano ancora di più perché.... si, ok, dall'alto ci assomigliava (più o meno),ma gli alettoni...BIANCHI! Perché! Mannaggia a tutto il creato, la Ecto1 è biancha con gli alettoni ROSSI, cosa gli costava colorarli giusti?!
Da citare ancora, brevemente, la difficoltà del gioco che per essere finito doveva essere conosciuto a menadito, e giocato in modalità autistico grave. Aleggia la leggenda metropolitana che il gioco non si potesse finire e che, addirittura, non avesse la fine: non è vero perché ho visto un video su youtube di un ragazzo italiano che lo finisce su Sega Master System, e non sembra nemmeno autistico...


 
1987 THE REAL GHOSTBUSTERS



E qui iniziano subito le dolenti note, tipo trapanazione dentale senza anestesia o mignolino (freddo) sbatutto (forte) contro uno spigolo (freddo pure quello), partendo già dalla copertina, dove gli acchiappafantasmi brandiscono dei lanciafiamme.
Creato dai Giappi di Data West, si tratta di una vera e propria paraculata che sfrutta la licenza del cartone animato The Real Ghostbusters, solamente per la copertina/trappola per le allodole (me compreso, sia chiaro, che ci sono cascato con tutte e due le scarpe). Sviluppato per C64, Amiga e Atari ST, si trattava di un mediocre arcade simile ad uno shooter, con una strana visuale isometrica, e che ci metteva ai comandi di uno dei... no, di un acchiappafantasmi a vostra scelta, tanto erano tutti uguali e cambiava solo il colore della tutina, nemmeno i nomi si sbatterono a mettere, liquidando i personaggi come G1, G2, ecc.
Ma, ditemi, secondo voi almeno i colori delle tutine erano giusti?Non se ne parla nemmeno! Allora: già i colori delle tute dei personaggi del cartone erano orrendi (probabilmente scelti da un daltonico con manie di persecuzione), ma riuscire a scegliere, a caso, quattro colori primari che nemmeno ci azzeccano è davvero da medaglia d'oro.
Di contro i Giapponesi hanno pensato di migliorare l'esperienza e la versione del sol levante differiva per nemici, level design e armamento: l'unica cosa che lo collegava al franchise era (nella versione cabinata) il logo del cartone animato.
Complimentoni, di cuore.


 
1990 GHOSTBUSTERS II


Altro giro, altro regalo, ma non di quelli sfiziosi tipo l'anello che spruzzava l'acqua dei sacchetti di patatine, o la mano robot del Postal Market, dico un regalo di quelli brutti, tipo quando aprendo un uovo di pasqua speri (immotivatamente) di trovare un transformer e, invece, trovi il portachiavi della Pimpa (quello rappresentante Armando,manco la Pimpa).
Pubblicato, a più riprese, in differenti versioni, con questo capitolo si è toccato quasi l'apice della schizofrenia da parte degli sviluppatori: ognuno ne creava una propria versione come cavolo pareva a lui, con gameplay a casaccio e level design da mettersi le mani nei capelli.
Le versioni principali, manco a dirlo, furono quelle per Home Computer, ma fece la sua comparsa anche la versione per MS-DOS. Le versioni HC si differenziavano tra di loro solo per la qualità della grafica e del sonoro (come da copione per l'epoca), e giravano su C64, ZX Spectrum, Atari ST, ecc. e ci mettevano di fronte una serie di livelli, ognuno dei quali riproponeva una scena del film (come avete detto?Sindrome da Tie-in di tipo 1?Ma no!?):inutile specificare che i livelli presentavano una accozzaglia di gameplay differenti (accomunati solo dalla rara bruttezza) ed una difficoltà atroce, già per il primo livello (non l'ho mai superato). Pare che questa versione sia stata sviluppata, dalla fase di “progettazione” a quella di distribuzione, in soli 90 giorni... e i risultati si vedono tutti, come possiamo ammirare nelle screen sottostanti.



La versione MS-DOS differiva completamente dalle altre, sia per design che per i livelli di gioco; ad esempio nel primo livello ci trovavamo ad affrontare i fantasmi nel tribunale, in una sorta di “Shooter Protonico” simile ad Operation Wolf

 
Ne seguì poi una versione per NES (un arcade a scorrimento orizzontale, tanto in voga all'epoca), e una versione per Nintendo Europea a cui cambiarono il titolo in “New Ghostbusters II” (era più forte di loro, qualcosa a casaccio la dovevano cambiare per forza...)


 
1993 THE REAL GHOSTBUSTERS - GAME BOY


Il mondo delle console si evolveva, esplorando i nuovi confini della portabilità con il mitico Game Boy, ultima nata in casa Nintendo; Activision non rimase insensibile alla suddetta natività e si recò, solerte, alla mangiatoia dove si trovava il piccolo Boy ancora in fasce, portando tre doni... tutti schifosi uno peggio dell'altro.
Arriva così, piacevole come un uragano mentre alberghi in una tenda canadese, questo titolo per il mercato americano: basato sul franchise di “Crazy Castle”; ci troviamo tra le mani (con l'impulso di sfracassarlo) un platform- puzzle che ci mette nei panni del solo Peter Vinkman... probabilmente gli altri tre erano stati messi in cassa integrazione.

 
Ma ho accennato a tre doni, e dove sono gli altri due?Eccoli. Gli strascichi della schizofrenia di cui parlavo prima sono ancora ben presenti, e prendono forma nelle altre due versioni di questo gioco. Per il mercato giapponese il gioco si intitolava Mickey Mouse IV:Mahuo No Labyrinth, e invece di Peter c'era un grosso topo, mentre la versione europea si dovette cuccare quell'obeso di Garfield, vincendo la medaglia d'oro di titolo più pezzente dell'epoca!


 
2001 EXTREME GHOSTBUSTERS


Arrivati a questo punto avrete già, sicuramente, dovuto ingerire almeno una intera confezione di Malox per non vomitare; se li avete finiti correte in farmacia e poi riprendete a leggere da qui.
Mostruoso adattamento, di una altrettanto mostruosa serie TV (fortunatamente interrotta dopo una sola stagione) che avrebbe dovuto rinvigorire il franchise degli acchiappafantasmi (e qui già sento, fragorose, le risate, stile puntata dei Robinson)
Anche in questo caso tre versioni (ma solo per cercare di vendercelo almeno due volte): quella per Game Boy color e quella per Game Boy Advance differivano leggermente per la grafica, parecchio per la copertina (si, nel 2001 avevano finalmente capito che realizzare copertine era più semplice che programmare giochi) e un po per il titolo (con il suffisso “Ecto1” nella versione Advance). Sono francamente stufo di ripetere (e voi di sentirlo dire) che si trattava si un arcade a scorrimento orizzontale, inframmezzato da sezioni di “guida”, il tutto con un carisma che se la giocava con una fetta biscottata accompagnato da un bicchiere di acqua tiepido.

 
Per chiudere l'annata in bellezza ne venne rilasciata anche una versione per Playstation, ispirata a Time Crisis (!), dove poteva essere utilizzata la Lightgun per sparare ai fantasmi (si, sono stato sbrigativo, ma l'unico impulso che si aveva giocandolo era di rivolgere la pistola verso noi stessi, facendo fuoco e sperando che diventasse improvvisamente vera)

Eccolo qui in tutto il suo splendore:


 
2009 GHOSTBUSTERS: THE VIDEOGAME


Con un titolo che sembra voler prendere (e a ragione) le distanze da tutto il pattume pubblicato negli ultimi 20 e fischia anni, abbiamo, finalmente, per le mani un gioco come si deve (almeno nelle versioni per console “maggiori”).
Vestiamo i panni di un fantomatico quinto acchiappafantasmi, chiamato semplicemente “recluta”, ed affiancavamo il quartetto originale (con tanto di doppiaggio dei veri attori del film) in una bella avventura che toccava situazioni e location viste nelle due pellicole, ma con una trama a se stante e decisamente intrigante. Parte della sceneggiatura del gioco fu scritta direttamente da Dan Aykroyd e Harold Ramis e, pare, facesse parte di quella che avrebbe dovuto comparire nel famoso terzo film della serie.
Comunque sia il gioco presenta una bella grafica ed un solido gameplay, basato principalmente sulla cattura dei fantasmi (miracolo!); gli invasati come me poi non potevano che rimanere stregati dal fatto che i proton pack facessero effettivamente danni alle ambientazioni di gioco, trasformando le partite, a volte, in deliberati massacri di arredi urbani, alberghi e musei (un simpatico trofeo/obbiettivo ci spronava ad accumulare una quantità di danno alle proprietà altrui inferiore o superiore ad una determinata cifra: indovinate quale era l'opzione più divertente...).
Il gioco presentava anche un interessante multiplayer da giocare fino in 4, impersonando uno dei 4 protagonisti (con la possibilità si usare anche altre tute, effettivamente esistenti nelle pellicole) e affrontare orde di fantasmi da acchiappare, anche in una modalità carriera online che però, a onor del vero, non si è mai filato nessuno.
Il titolo non era esente da difetti, ovviamente: l'intelligenza artificiale di compagni era pessima e passavamo intere partite a rianimarli di continuo, il sistema di schivata funzionava male e a casaccio, usare il lacciomelma avrebbe fatto impazzire di rabbia pure San Pietro, la visuale di gioco veniva costantemente stravolta durante l'uso del raggio protonico, causando violenti attacchi di nausa e capogiri, lo zaino protonico si surriscaldava solo a guardarlo, e via di questo passo.
Per la cronaca da segnalare anche le versioni PS2, Wii e Nintendo DS, che si differenziavano da quella per PS3 e XBOX360 per la grafica, realizzata (male) a cartone animato, e con personaggi deformed.


 
2011 GHOSTBUSTERS SANCTUM OF SLIME


Se un pallido sorriso si era acceso sui nostri volti ormai segnati da due decenni di delusioni continue, arriva, prepotentemente a spazzarcelo via dal grugno, Sanctum of Slime, titolo arcade distribuito solo in Digital Delivery tramite Xbox Live e Playstation Network.
Come a voler immediatamente riprendere la tradizione che vede personaggi, ambientazioni, e dinamiche di gioco completamente stravolte rispetto al brand originale, questo titolo (studiato per essere giocato in 4) ci mette al comando di un personaggio a caso, preso tra gli eliminati di Master Chef Australia, impegnato in una specie di rissa da bar ma con i fantasmi come avventori e i proton pack al posto delle bottiglie.
Una grafica bruttina, una visuale (tanto per cambiare dall'alto) presa da un satellite orbitante intorno a Giove e un gameplay ripetitivo e poco ispirato erano la cigliegina sulla torta di cacca servita direttamente nei nostri salotti, e vomitata dai nostri modem.


2012 GHOSTBUSTERS PARANORMAL BLAST



Unico esponente delle versioni per smartphone che prenderò in considerazione (evito di perder tempo nella miriade di App putride a tema ghostbusters che affollano gli store), Paranormal Blast ci fa subito vedere come trsformare in una ciofeca un'idea carina e un gameplay che avrebbe potuto regalare qualche ora di divertimento.
L'idea era carina; un gioco in Realtà Aumentata che sfruttava la fotocamera del nostro smartphone, facendoci affrontare fantasmi da acchiappare usando il telefonino come zaino protonico. Una struttura a carriera, con denaro da spendere per gli upgrade degli equipaggiamenti, ed eventi generati casualmente sulla mappa di gioco avrebbero potuto tenere impegnate, per più di qualche ora, le persone appassionate del brand; manco a dirlo la giocabilità era a livelli tossici, con i giroscopi dei nostri telefoni che iniziavano immediatamente a fare a pugni con il motore di gioco, e rendendo praticamente impossibile mirare gli spettri. Cercare di acchiappare un fantasma equivaleva ad un attacco di labirintite fulminante e, spesso, alla rovinosa caduta a terra del nostro prezioso feticcio tecnologico; se il gioco veniva usato in posti pubblici, invece, spingeva i passanti a segnalarci alle Neuro Deliri, garantendoci un lungo soggiorno in una struttura psichiatrica.

 
Per ora vi saluto e spero di non avervi tediato più del dovuto, mentre aspetto, con orrore, la prossima malefica incarnazione di uno dei franchise che, da sempre, adoro alla follia.

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