Il
fenomeno “Free to Play” esiste già da diverso tempo, ma negli
ultimi anni ha cominciato ad avere una risonanza di
una
certa portata, favorita sopratutto da quei titoli che si appoggiano
alle piattaforme mobili, tanto diffuse al giorno d'oggi (come Tablet
e Smartphone) e con una sempre più marcata componente “Social”
(si, quella che va ad intafanare tutte le nostre bacheche dei Social
Network).
Come
tutti sappiamo questo tipo di prodotto è nato su PC, e, spesso, con
scopi puramente pubblicitari; inutile negare che, spesso, ci si
trovava di fronte a pessimi titoli che si limitavano, perlopiù, a
scimmiottare in malo modo i giochi più in voga del momento, e la
promessa del gioco gratis veniva barattata tramite una interminabile
serie di registrazioni e sottoscrizioni varie, al solo scopo di
ricoprirci di pubblicità.
Sarò
sincero, ho sempre osteggiato questo genere di prodotti fino a non
molto tempo fa: quello che trovavo insopportabile era il putridume
che ci veniva servito in cambio di una pesante e prolungata tortura
dei nostri organi genitali tra banner pubblicitari, client e software
vario da scaricare.
Abbandonato,
quindi, per parecchio tempo quello che avevo cominciato a vedere come
uno “sport per barboni digitali”, mi sono ritrovato ad
affacciarmi a questo mondo negli ultimi 2/3 anni, notando un
cambiamento molto marcato: dove prima abbondavano promesse da
marinaio per mascherare richieste (spropositate) di soldi e
pubblicità a iosa, ora mi trovavo di fronte alle microtransazioni,
messe abbastanza in chiaro già al momento del download del software.
Già,
le microtransazioni: questo spauracchio che viene visto dalla maggior
parte di noi videogiocatori come un tentativo di truffa, di
estorsione, come un affronto alla nostra “morale videoludica”
Ma
siamo proprio sicuri che sia effettivamente un furto e un estorsione
o, forse, non ci accorgiamo che non è proprio così?
Tutti
sappiamo che lo sviluppo di un videogame di una certa qualità
richiede un investimento che raggiunge (e, a volte, supera) quello
delle produzioni cinematografiche (e non mi riferisco ai film della
Asylum...); quindi a fronte di determinati investimenti, deve esserci
un adeguato ritorno economico, che viene coperto con queste
transazioni; ora tutto sta a capire dove inizia la fregatura vera e
dove, a mio avviso, siamo nel lecito.
Per
farsi un idea credo si debba distinguere tra “Free to Play” e
“Play for Free”, e non è un sofisticato esercizio di
grammatica; là dove ci troviamo di fronte ad un Free to Play ci
viene data, sì, la possibilità di usufruire del software
gratuitamente, ma allo stesso modo ci viene, effettivamente, impedito
di goderne, per tutta una serie di pesanti limitazioni, rimovibili
solo tramite esborso di denaro: molte volte non ci troviamo in grado
nemmeno di valutare il prodotto nella sua completezza a causa di
queste limitazioni, e quindi la scelta è rischiare la spesa o meno.
Dall'altra
parte ci troviamo di fronte a quelli che io chiamo “Paly for Free”,
ossia prodotti che ci consentono, effettivamente, di poter giocare e
godere dell'esperienza senza pagare un centesimo, ovviamente
rinunciando a qualcosa e rendendo alcune parti del gioco decisamente
più impegnative.
Proprio
questa ultima categoria potrebbe, a mio avviso, portare un piccolo
scrollone all'industria dei videogiochi, che ormai mi sembra una
sorta di stanco pachiderma capace solo di sfornare seguiti, spin-off
e reboot.
Porto
un esempio pratico: Warframe (esempio pratico, poi può piacere o
meno, per la carità)
Mi
sono avvicinato a questo titolo (su PS4) devastato dalla penuria di
titoli per l'ammiraglia Sony, e poco attratto dall'unica alternativa,
ossia stare a fissare la Dashboard con la sua musichetta da studio
dentistico.
Il
gioco mi è piaciuto e ho proseguito a giocarlo, intensamente, per
diversi mesi, fino ad arrivare alla decisione di fare un piccolo
investimento su di esso e comprare un paio di pacchetti.
E qua
mi immagino già le vostre facce disgustate: “ma come, sei scemo,
paghi per un free to play?!?!?”
Si,
ho pagato (6 euro in tutto, nel giro di 7 mesi) per quel gioco e lo
rifarei di nuovo: dopo tanto tempo mi ero trovato di fronte ad un
prodotto (magari non perfetto) che veniva costantemente rinnovato per
mantenere l'interesse e plasmato (per quanto possibile) sui feed
della sua comunity.
Ora,
ditemi, quanti titoli tripla A o presunti tali fanno cose del genere?
E quando lo fanno, a che prezzo?
Sicuramente
state ancora pensando che io sia un fesso (tipo Buba in Forrest Gump)
e che mi sono fatto estorcere denaro, ma, forse, non è capitato
anche a voi senza che ci abbaiate pensato più di tanto?Faccio un
paio di esempi tanto per farmi odiare?
Call
of Duty e Battlefield. Abbiamo (e mi ci metto dentro anche io, sia
chiaro) pagato 70€ per il gioco (e tralasciamo il discorso patch
ogni 15 giorni...)e poi, con cadenza trimestrale, abbiamo continuato
a foraggiarlo a botte da 15€ per ogni espansione che, se si decide
di giocarlo approfonditamente in multiplayer, sono praticamente
obbligatorie (sempre che non ci divertiamo a passare ore, da soli,
dentro a server vuoti come la mia testa).
Allora
c'è così tanta differenza dallo spendere 2€, che ne so, per
ampliare l'arsenale di un Play for Free? Il titolone tripla A, per
essere goduto appieno, non richiede comunque un continuo esborso per
pacchetti vari e DLC?
Se
avete fatto caso, negli ultimi due anni, sempre più spesso ci viene
venduto il “Pacchetto premium” ancor prima dell'uscita del gioco.
Quindi
torno a ripetere, è così folle pensare di investire, ad esempio,
gli 85€ che finora mi è costato Battlefield 4 in qualche Free to
Play? Quanto, e quanti titoli avrei potuto godere con la stessa
cifra, con una qualità che ormai si avvicina ai tanto “inarrivabili”
tripla A?
Credo
che l'avanzare di titoli Free to Play di qualità potrebbe smuovere
qualcosa nel nostro caro mondo dei videogiochi, se noi giocatori
avessimo il coraggio di provare qualcosa di nuovo, e non di
aspettare, con insensata trepidazione, l'ennesimo CoD, Battlefiel,
Fifa, ecc, che di diverso uno dall'altro hanno solo il numero sulla
copertina.
A voi la parola!
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